Lunedì 15/09/2014 - I discendenti di alcune categorie di persone che furono diseredati in epoche feudali vivono ancora oggi in grandi difficoltà

Esiste una razza invisibile in Giappone, di cui i giapponesi stessi evitano di parlare, vittima di pregiudizi ancestrali e tenaci, che comprende 3 milioni di persone: sono i 'burakumin', i reietti, che subiscono un'incredibile e irrazionale forma di emarginazione risalente addirittura all'epoca feudale.

Essi sono i discendenti degli 'hinin', che in passato erano saltimbanchi, carcerieri o delinquenti, e soprattutto degli 'eta', che erano macellai, conciatori, becchini.

Questi diseredati giapponesi erano condannati dagli shogun a vivere in ghetti ('burakul') con l'assoluto divieto di uscirne o di sposare un 'buon' giapponese.

L'origine della loro discriminazione è essenzialmente religiosa: il culto scintoista infatti, in nome della vita e della purezza, respinge la morte e il sangue e di conseguenza anche coloro che vi hanno a che fare esercitando cosidette 'attività impure'.

Il buddhismo invece predica la compassione e proibisce di mangiare cibo di origine animale.

Anche se dal 1971 sono legalmente protetti da aperte discriminazioni, ancora oggi i burakumin devono sopportare molti problemi di varia natura: per esempio hanno poche opportunità di essere assunti da una grande impresa e di potersi sposare al di fuori dei proprio gruppo di appartenenza.

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